La foresta dei girasoli, Torey L. Hayden [Io sono come tanti. Amarla è l'unica cosa eccezionale che io abbia fatto in vita mia.]



Un giro in libreria con la mamma, qualche giorno fa, è bastato per farci portare a casa un libro qualunque, scelto, a differenza di altri ben più noti, solo perché aveva nel titolo il nome di quei fiori che tanto piacciono sia a me che a lei: i girasoli, appunto. Stamattina li ho anche seminati, nella mia aiuola, nel mio angolo relax, vicino all'amaca. Speriamo crescano belli come quelli di un paio d'anni fa.



La foresta dei girasoli è tornato a casa con me senza che io sapessi minimamente che cosa c'avrei trovato dentro, non avevo aspettative ed è forse per questo che sono rimasta piacevolmente colpita dalla storia, straripante d'amore e di sofferenza. Col senno del poi non credo che ci fosse compagnia migliore di quella della mia mamma per scegliere questo libro, visto che parla proprio di una madre, Mara. Una madre che non è come le altre, una madre che indossa i vestiti del marito, porta i capelli lunghi e selvaggi, una madre che sa incantare quando racconta le storie, una madre che viene da lontano, dall'Europa, e che dell'Europa porta nel cuore ricordi di guerra atroci, che le rimbombano ancora nella testa e la ossessionano. Mara è una donna amata, amata da O'Malley, soldato americano che l'ha portata via da tutti quei luoghi di dolore, che è diventato suo marito e padre delle sue due figlie, Lesley e Meggie. Mara è una donna profondamente amata dalle figlie, che hanno imparato a convivere fin da piccole con i suoi disturbi e i suoi comportamenti sopra le righe. La assecondano, cercano di non innervosirla, cercano di non riportare a galla quella seconda guerra mondiale che ha sterminato la famiglia di Mara e che sembra essere ancora così viva, dentro di lei.

Mara non era ebrea, era ungherese, eppure finì comunque in un campo di concentramento. Le figlie lo scoprono solo quando ormai le conseguenze del suo essere sopravvissuta all'orrore nazista sembrano essere irreparabili. Quando il baratro sembra lì, proprio a un passo di distanza, Lesley e Megs scoprono che la loro mamma non era bella solo ai loro occhi, ma anche a quelli dei tedeschi. Era bionda, carnagione chiara, occhi azzurri. Le SS le avevano preso tutte le misure e avevano stabilito che lei era perfetta per mettere al mondo figli ariani. Rinchiusa in un istituto, la piccola Mara, neanche diciassettenne, fu violentata ripetutamente dai nazisti fino a che riuscì a restare incinta. Partorì un bambino, Klaus, che presto le fu sottratto. Le violenze continuarono finché, per vicissitudini che non racconterò, Mara fu trasferita in un lager.

Non è ebrea dunque, ma è una sopravvissuta a tutti gli effetti. Lo strazio di quegli anni sarà sempre più forte dell'amore della sua famiglia, perché l'amore certe volte sembra davvero non bastare.

Il baratro è lì. Basta un passo. Basta un attimo per rivedere i lupi al posto dei girasoli. Basta un istante per abbandonare il Kansas con la mente e tornare in Germania o magari nel Galles, lì, a Coed-y-Bleiddiau, dove O'Malley aveva portato la sua Mara dopo la guerra. E non importa se intorno ci sono le pianure di quello Stato americano, per Mara c'è ancora Klaus, bambino, che è riuscita a ritrovare, finalmente. E poi c'è il Galles e quella foresta di girasoli con cui ha riempito i sogni belli di Lesley e Megs.


«Non basta. [...] L'amore aiuta, ma non basta. Bisogna cambiare le cose. Bisogna scoprire perché le cose non funzionano e renderle migliori. In questo io e mio padre siamo diversi. In questo lui sbaglia. Se vuoi rendere migliore il mondo, devi cambiare le cose. Papà ti abbraccia e tu ti senti meglio, ma le cose non vanno meglio. È quello che fa lui con la mamma. Lui la stringe tra le braccia, la bacia, la fa sentire meravigliosa. Ma lei continua ad avere i suoi problemi. Niente è cambiato.»


Ho trovato davvero emozionante questa storia. Cruda, dolorosa, stritolante. Come i girasoli con il sole, io non riuscivo a staccare gli occhi da quelle pagine. Avrei voluto leggere, leggere, leggere...tutto il giorno, sempre. Per conoscere la fine. Per sapere se l'amore sarebbe bastato a tamponare quel dolore silenzioso e perenne di Mara. Per capire che genere di donna sarebbe diventata Lesley, appena maggiorenne, quasi diplomata, troppo responsabile per la sua età. Per scoprire la bellezza del Galles coi i suoi occhi. Per sognare foreste di girasoli e, perché no, anche foreste di rododendri. Ché io non sapevo nemmeno esistessero, le foreste di rododendri selvatici. 


Sarà che la storia è narrata in prima persona da Lesley, ma ho sentito una certa affinità con lei, anche se, per mia fortuna, non so che cosa significa essere figlia di una madre come Mara. Avrei voluto un finale con più respiro per lei, avrei voluto un riscatto totale, scritto, e non solo da immaginare, oltre le pagine. 


Ti prego, Les, lascia Paul. È l'unico appunto che mi sento di farle, per il resto so che lei diventerà una grande donna, piena di tutto l'amore che la sua madre imperfetta ha saputo donarle e insegnarle.


«Non ha sogni. Ha delle fantasie. Ma non sogni. Niente da perseguire. [...] Quando ti sposi, non fare questo errore. Sposa un uomo con dei sogni.» 

Una lettura consigliatissima da parte mia. Le emozioni e i colpi di scena certo non mancheranno.