Le notti bianche, frasi [Fedor M. Dostoevskij]


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Notte prima


Era una notte incantevole, una di quelle notti come ci possono forse capitare solo quando siamo giovani, caro lettore. Il cielo era un cielo così stellato, così luminoso che, guardandolo, non si poteva fare a meno di chiedersi: è mai possibile che esistano sotto un simile cielo persone irritate e capricciose?



Camminavo e cantavo, perché quando sono felice immancabilmente canticchio qualcosa tra me e me, come qualsiasi altra persona felice che non abbia amici, né buoni conoscenti, né qualcuno con cui dividere la propria gioia nei momenti di gioia.



«Oh, avete indovinato dalla prima volta!», risposi deliziato al vedere che la mia ragazza era intelligente: quando c'è bellezza questo non disturba mai.



«Credete, nessuna donna, mai, mai! Nessuna conoscenza! e non faccio che sognare, ogni giorno, che alla fine, chissà quando, incontrerò qualcuno. Ah, se sapeste quante volte sono stato innamorato in questo modo!...»



«Rido del fatto che voi stesso siete vostro nemico, e se aveste tentato, avreste forse avuto successo».



«Io non posso non venire qui domani. Sono un sognatore; ho una vita reale talmente limitata che mi capitano momenti come questo, come adesso, tanto di rado che non posso non ripercorrere questi momenti nei miei sogni. Sognerò di voi l'intera notte, l'intera settimana, tutto l'anno. Verrò immancabilmente qui domani, proprio qui, in questo stesso punto, proprio a quest'ora, e sarò felice ricordando il giorno passato».




Notte seconda


«Allora, che tipo di persona siete? Su, cominciate dunque, raccontatemi la vostra storia».

«La mia storia!», gridai io spaventato, «la mia storia! Ma chi vi ha detto che ho una storia? Non ho una storia...»

«E come avete vissuto se non avete una storia?», interruppe lei ridendo.

«Assolutamente senza alcuna storia! Così, ho vissuto, come si dice da noi, per conto mio, cioè assolutamente da solo, - da solo, del tutto da solo, - capite cosa significa da solo?»



«Voi raccontate in modo meraviglioso, ma non potete raccontare in modo un po' meno meraviglioso? Giacché parlate come se leggeste un libro».

[...] «Nasten'ka, permettetemi ancora di raccontare in terza persona, giacché in prima persona tutto ciò è terribilmente imbarazzante da raccontare».



La solitudine e l'insolenza carezzano l'immaginazione.




«Oh, Nasten'ka, Nasten'ka! Lo sapete
per quanto tempo mi avete riconciliato con me stesso? Lo sapete che
ormai non potrò più pensare così male di me, come mi accadeva in
certi momenti? Sapete che forse non proverò più l’angoscia di
aver commesso un delitto e un peccato nella mia


vita, perché una vita come la mia è
delitto e peccato? E non credete che io abbia esagerato, non
credetelo, per amor di Dio, Nasten'ka, perché a volte mi colgono
certi momenti di tale angoscia, di tale angoscia che... Perché già
in quei momenti comincio a pensare che non sarò mai più capace di
vivere una vita reale, perché mi è già sembrato di aver perduto
ogni sensibilità, ogni fiuto per ciò che è vero e reale; perché,
infine, ho maledetto me stesso; perché, dopo le mie fantastiche
notti, mi colgono dei momenti di ritorno alla realtà che sono
terribili! Frattanto senti che attorno a te rumoreggia e turbina nel
vortice della vita l’umana folla; senti e vedi come vivono gli
uomini, come vivono nella realtà, vedi che per loro la vita non è
circoscritta, che non si dissolverà come un sogno, come una visione,
ma che, in continuo rinnovamento, è sempre giovane, che in essa non
esiste un’ora simile all'altra, mentre è così triste e monotona
sino alla nausea la timida fantasia, schiava di un’ombra, di
un’idea, schiava della prima nuvola che a un tratto offusca il sole
e stringe d’angoscia un vero cuore pietroburghese che ha tanto caro
il proprio sole, e nell'angoscia quale fantasia vi può essere?
Senti che questa inesauribile fantasia finisce con lo stancarsi e con
l’esaurirsi in un’eterna tensione perché tu, infine, diventi più
uomo, ti sbarazzi dei tuoi ideali di un tempo; essi si riducono in
polvere, si frantumano e, se non c’è un’altra vita, ti tocca
ricostruirla con quegli stessi frantumi. E frattanto l’anima
chiede, esige qualcos'altro! E invano il sognatore fruga, come
nella cenere, nei suoi vecchi sogni, cercando in quella cenere una
sia pur piccola scintilla per ravvivarla, e con il rinnovato fuoco
riscaldare il cuore intirizzito e far risuscitare in esso tutto
quanto vi era prima di così caro, che toccava l’anima, che faceva
ribollire il sangue, che strappava le lacrime dagli occhi e con tanta
magnificenza ingannava! Sapete, Nasten'ka, a che cosa sono giunto?
Sapete che ormai sono costretto a celebrare l’anniversario delle
mie sensazioni, l’anniversario di ciò che un tempo mi fu così
caro, di ciò che, in sostanza, non è mai esistito, giacché
quell'anniversario viene celebrato per gli stessi stupidi,
incorporei sogni, e a fare questo perché anche di questi stupidi
sogni non ce ne sono più, perché non so come sbarazzarmi di loro:
giacché anche dei sogni ci si sbarazza! Sapete che ora io amo
ricordare e visitare in un dato tempo i luoghi dove un giorno ero
stato a modo mio felice, amo costruire il mio presente armonizzandolo
con ciò che è passato e non ritornerà mai più e che spesso vago
come un’ombra, senza scopo e senza meta, triste e avvilito, per i
vicoletti e le vie di Pietroburgo? Quali, quanti ricordi! Mi torna
alla memoria, per esempio, che qui, proprio un anno addietro, in
questo stesso periodo, in questa precisa ora, erravo per questo
medesimo marciapiede, sconsolato come adesso! E ti viene da pensare
che anche allora i sogni erano tristi e, sebbene anche prima nulla ci
fosse di più lieve, hai tuttavia l’impressione che tutto, invece,
lo fosse e che vivere fosse più facile e più tranquillo, e che non
ci fossero questi neri pensieri che ora ti serrano nella loro morsa,
questi rimorsi tetri, cupi che ora non ti danno pace né giorno, né
notte! E ti chiedi: dove sono dunque i sogni tuoi? E, scuotendo il
capo, dici: come veloci volano gli anni! E ancora ti chiedi: che ne
hai fatto di quei tuoi anni? dove hai seppellito il tuo tempo
migliore? Sei vissuto oppure no? Guarda, dici a te stesso, guarda
come il mondo diventa freddo! Passeranno ancora degli anni e dopo di
essi verrà la cupa solitudine, verrà, appoggiata alle stampelle, la
tremante vecchiaia, e poi angoscia e desolazione... Impallidirà il
tuo fantastico mondo, appassiranno e moriranno i sogni tuoi e
cadranno come le foglie gialle dagli alberi... Oh, Nasten'ka! Sarà
triste restar solo, completamente solo, e non avere neppur nulla da
rimpiangere, nulla, proprio nulla... perché tutto quanto perderò,
non è stato che nulla, uno stupido, tondo zero, nient’altro che
sogno!».





Notte terza



Quanto rendono meravigliosa una persona la gioia e la felicità! Come ferve un cuore innamorato! Sembra che tu voglia riversare tutto il tuo cuore in un altro cuore, vuoi che tutto sia allegro, che tutto rida. E quanto è contagiosa questa gioia!





Quando siamo infelici sentiamo più fortemente l'infelicità altrui; il sentimento non si frantuma, ma si concentra...