Se una notte d'inverno un viaggiatore, frasi [Italo Calvino] - Parte 2












Capitolo 7


Sei apparsa per la prima volta al Lettore in una libreria, hai preso forma staccandoti da una parete di scaffali, come se la quantità dei libri tendesse necessaria la presenza d'una Lettrice. La tua casa, essendo il luogo in cui tu leggi, può dirci qual è il posto che i libri hanno nella tua vita, se sono una difesa che tu metti avanti per tener lontano il mondo di fuori, un sogno in cui sprofondi come in una droga, oppure se sono dei ponti che getti verso il fuori, verso il mondo che t'interessa tanto da volerne moltiplicare e dilatare le dimensioni attraverso i libri. Per capire questo, il Lettore sa che la prima cosa da fare è visitare la cucina. La cucina è la parte della casa che può dite più cose di te.



Osservando la tua cucina dunque si può ricavare una immagine di te come donna estroversa e lucida, sensuale e metodica, che mette il senso pratico al servizio della fantasia. Qualcuno si potrebbe innamorare di te solo a vedere la tua cucina? Chissà: forse il Lettore, che già era favorevolmente predisposto.



Sei possessiva verso te stessa, [...] ti attacchi ai segni in cui identifichi qualcosa di te, temendo di perderti con loro.



Vediamo i libri. La prima cosa che si nota, almeno a guardare quelli che tieni più in vista, è che la funzione dei libri per te è quella della lettura immediata, non quella di strumenti di studio o di consultazione né quella di elementi d'una biblioteca disposta secondo un qualche ordine. Magari qualche volta hai provato a dare un'apparenza d'ordine ai tuoi scaffali, ma ogni tentativo di classificazione è stato rapidamente sconvolto da apporti eterogenei. La ragione principale degli accostamenti dei volumi, oltre la dimensione per i più alti o i più bassi, resta quella cronologica, l'essere arrivati qui uno dopo l'altro; comunque tu sai sempre ritrovartici, dato anche che non sono moltissimi, (altri scaffali devi aver lasciato In altre case, in altre fasi della tua

esistenza), e che forse non ti capita spesso di dover cercare un libro che hai già letto.

Insomma, non sembri essere una Lettrice Che Rilegge. Ricordi molto bene tutto quello che hai letto (questa è una delle prime cose che hai fatto sapere dì te); forse ogni libro s'identifica per te con la lettura che ne hai fatto in un determinato momento, una volta per tutte. E come li custodisci nella memoria, così ti piace

conservare i libri in quanto oggetti, trattenerli presso di te.



Fra i tuoi libri, in quest'insieme che non forma una biblioteca, si può pur distinguere una parte morta o dormiente, ossia il deposito dei volumi messi via, letti e raramente riletti oppure che non hai letto né leggerai ma comunque conservati (e spolverati), e una parte viva, ossia i libri che stai leggendo o hai intenzione di

leggere o da cui non ti sei ancora staccata o che hai piacere di maneggiare, di trovarteli intorno. A differenza che con le provviste in cucina, qui è la parte viva, di consumo immediato, a dire più cose di te. Parecchi volumi sono sparsi in giro, alcuni lasciati aperti, altri con segnalibri improvvisati o angoli di pagine

piegati. Si vede che hai l'abitudine di leggere più libri contemporaneamente, che scegli letture diverse per le diverse ore del giorno, per i vari angoli della tua pur ristretta abitazione: ci sono libri destinati al tavolino da notte, quelli che trovano il loro posto accanto alla poltrona, in cucina, nel bagno.

Potrebb'essere un lineamento importante che s'aggiunge al tuo ritratto: la tua mente ha pareti interne che permettono di separare tempi diversi in cui fermarsi o scorrere, concentrarsi alternativamente su canali paralleli. Basterà questo per dire che vorresti vivere più vite contemporaneamente? O che effettivamente le vivi? Che separi ciò che vivi con una persona o in un ambiente da ciò che vivi con altri e altrove? Che d'ogni

esperienza dai per scontata un'insoddisfazione che non si compensa se non nella somma di tutte le insoddisfazioni?



La lettura è solitudine. [...] Si legge da soli anche quando si è in due.



Cominciare. Sei tu che l'hai detto, Lettrice. Ma come stabilire il momento esatto in cui comincia una storia? Tutto è sempre cominciato già da prima, la prima riga della prima pagina d'ogni romanzo rimanda a qualcosa che è già successo fuori dal libro. Oppure la vera storia è quella che comincia dieci o cento pagine più avanti e tutto ciò che precede è solo un prologo. Le vite degli individui della specie umana formano un intreccio continuo, in cui ogni tentativo d'isolare un pezzo di vissuto che abbia un senso separatamente dal resto - per esempio, l'incontro di due persone che diventerà decisivo per entrambi - deve tener conto che ciascuno dei due porta con sé un tessuto di fatti ambienti altre persone, e che dall'incontro deriveranno a loro volta altre storie che si separeranno dalla loro storia comune



Già nell'improvvisazione confusa del primo incontro si legge il possibile avvenire d'una convivenza. Oggi siete l'uno oggetto della lettura dell'altro, ognuno legge nell'altro la sua storia non scritta. Domani, Lettore e Lettrice, se sarete insieme, se vi coricherete nello stesso letto come una coppia assestata, ognuno

accenderà la lampada al suo capezzale e sprofonderà nel suo libro; due letture parallele accompagneranno l'approssimarsi del sonno; prima tu poi tu spegnerete la luce; reduci da universi separati, vi ritroverete fugacemente nel buio dove tutte le lontananze si cancellano, prima che sogni divergenti vi trascinino

ancora tu da una parte e tu dall'altra. Ma non ironizzate su questa prospettiva d'armonia coniugale: quale immagine di coppia più fortunata sapreste contrapporle?




Capitolo 8


Da quanti anni non posso concedermi una lettura disinteressata? Da quanti anni non riesco ad abbandonarmi a un libro scritto da altri, senza nessun rapporto con ciò che devo scrivere io? Mi volto e vedo la scrivania che m'attende, la macchina col foglio sul rullo, il capitolo da incominciare. Da quando sono diventato un forzato dello scrivere, il piacere della lettura è finito per me.



Non sono capace di scrivere se c'è qualcuno che mi guarda: sento che ciò che scrivo non m'appartiene più.



Alle volte penso alla materia del libro da scrivere come qualcosa che già c'è: pensieri già pensati, dialoghi già pronunciati, storie già accadute, luoghi e ambienti visti; il libro non dovrebb'essere altro che l'equivalente del mondo non scritto tradotto in scrittura. Altre volte invece mi pare di comprendere che tra il libro da scrivere e le cose che già esistono ci può essere solo una specie di complementarità: il libro dovrebb'essere la controparte scritta del mondo non scritto; la sua materia dovrebbe essere ciò che non c'è né potrà esserci se non quando sarà scritto, ma di cui ciò che c'è sente oscuramente il vuoto nella propria incompletezza.



Vorrei poter scrivere un libro che fosse solo un incipit, che mantenesse per tutta la sua durata la potenzialità dell'inizio, l'attesa ancora senza oggetto. Ma come potrebb'essere costruito, un libro simile? S'interromperebbe dopo il primo capoverso? Prolungherebbe indefinitamente i preliminari? Incastrerebbe un inizio di narrazione nell'altro, come le Mille e una notte?



Se penso che devo scrivere un libro, tutti i problemi del come questo libro deve essere e del come non deve essere mi bloccano e m'impediscono d'andare avanti. Se invece penso che sto scrivendo un'intera biblioteca, mi sento improvvisamente alleggerito: so che qualsiasi cosa io scriva sarà integrata, contraddetta, bilanciata, amplificata, sepolta dalle centinaia di volumi che mi restano da scrivere.



Dai lettori m'aspetto che leggano nei miei libri qualcosa che io non sapevo, ma posso aspettarmelo solo da quelli che s'aspettano di leggere qualcosa che non sapevano loro.



Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che venga poi scoperto.



C'è sempre qualcosa d'essenziale che resta fuori dalla frase scritta, anzi, le cose che il romanzo non dice sono necessariamente più di quelle che dice.




Capitolo 9




Volare è il contrario del viaggio: attraversi una discontinuità dello spazio, sparisci nel vuoto, accetti di non essere in nessun luogo per una durata che è anch'essa una specie di vuoto nel tempo; poi riappari, in un luogo e in un momento senza rapporto col dove e col quando in cui eri sparito.




Capitolo 10 




Per questa donna [...] leggere vuol dire spogliarsi d'ogni intenzione e d'ogni partito preso, per essere pronta a cogliere una voce che si fa sentire quando meno ci s'aspetta, una voce che viene non si sa da dove, da qualche parte al di là del libro, al di là dell'autore, al di là delle convenzioni della scrittura: dal non detto, da quello che il mondo non ha ancora detto di sé e non ha ancora le parole per dire.


Quale storia attende laggiù la fine? [Anatoly Anatolin]


Una volta che sei riuscito a prescindere da qualcosa che credevi essenziale, t'accorgi che puoi fare a meno anche di qualcos'altro, poi ancora di molte altre cose.




Capitolo 11




Anch'io sento il bisogno di rileggere i libri che ho già letto, - dice un terzo lettore, - ma a ogni rilettura mi sembra di leggere per la prima volta un libro nuovo. Sarò io che continuo a cambiare e vedo nuove cose di cui prima non m'ero accorto? Oppure la lettura è una costruzione che prende forma mettendo insieme un gran numero di variabili e non può ripetersi due volte secondo lo  stesso disegno? Ogni volta che cerco di rivivere l'emozione d'una lettura precedente, ricavo impressioni diverse e inattese, e non ritrovo quelle di prima. In certi momenti mi sembra che tra una lettura e l'altra ci sia un progresso: nel senso per esempio di penetrare di più nello spirito del testo, o di aumentare il distacco critico. In altri momenti invece mi sembra di conservare il ricordo delle letture d'uno stesso libro l'una accanto all'altra, entusiaste o fredde o ostili, sparse nel tempo senza una prospettiva, senza un filo che le leghi. La conclusione a cui sono arrivato è che la lettura è un'operazione senza oggetto; o che il suo vero oggetto è se stessa. Il libro è un supporto accessorio o addirittura un pretesto.



II momento che più conta per me è quello che precede la lettura. Alle volte è il titolo che basta ad accendere in me il desiderio d'un libro che forse non esiste. Alle volte è l'incipit del libro, le prime frasi... Insomma: se a voi basta poco per mettere in moto l'immaginazione, a me basta ancor meno: la promessa della lettura.



Lei crede che ogni storia debba avere un principio e una fine? Anticamente un racconto aveva solo due modi per finire: passate tutte le prove, l'eroe e l'eroina si sposavano oppure morivano. Il senso ultimo a cui rimandano tutti i racconti ha due facce: la continuità della vita, l'inevitabilità della morte.